Andrew Bell (1753 – 1832)
Bell fu un pedagogo scozzese che nel ‘800 creò un approccio collaborativo di mutuo insegnamento denominato Sistema di Madras.
Il nome fu preso dalla città Indiana di Madras in cui gli fu assegnata la gestione di un orfanotrofio.
Camminando sulla spiaggia vide per la prima volta alcuni ragazzini più grandi insegnare ai più piccoli l’alfabeto, che lo scrivevano nella terra sotto la supervisione dei più grandi.
Ebbe così l’intuizione di sfruttare il mutuo insegnamento anche nel suo centro.
Creò un metodo didattico in cui gli studenti più grandi o più competenti insegnavano quanto appreso agli altri. I risultati da lui riscontrati furono molto incoraggianti e rientrato in Inghilterra pubblicò un libro che ispirò il lavoro di Joseph Lancaster.
Joseph Lancaster (1778 – 1838)
Pedagogo inglese che, ispirandosi al metodo di Bell, sviluppò un proprio modello di mutuo insegnamento.
Lancaster doveva gestire una scuola in quartiere povero di Londra. A corto di insegnanti pensò di trasformare questo problema in risorsa, sfruttando la cooperazione tra studenti.
Dovendo gestire classi numerose pensò di istruire gli studenti più brillanti per ogni disciplina. Ogni studente competente e formato gestiva un piccolo gruppo di compagni, in cui avrebbe insegnato quanto appreso dall’insegnante. Il metodo venne organizzato sapientemente bilanciando le competenze degli studenti più dotati con la formazione di piccoli gruppi di allievi più piccoli, il tutto sotto la sua regia e supervisione.
Sull’onda degli ottimi risultati ottenuti scrisse alcune pubblicazioni che contribuirono a diffondere il mutuo insegnamento anche nelle scuole delle classi più agiate.
Johann Heinrich Pestalozzi (1746 – 1827)
“La rigenerazione sociale dipende dall’educazione del cuore prima
ancora che della mente”
Pestalozzi è stato un educatore e pedagogista svizzero che ha avuto il merito di dare continuità e nuove traiettorie al pensiero pedagogico di Rousseau.
Secondo Pestalozzi l’essere umano attraversa tre precisi stadi evolutivi:
- Stadio naturale = in cui è in preda alla sua parte maligna ed istintuale
- Stadio sociale = perché cerca, non sempre riuscendoci, un adattamento al contesto in cui vive
- Stadio morale = dove grazie all’educazione apprende l’accoglienza, la solidarietà e la capacità di stare con gli altri.
Differentemente da Rousseau non considera l’uomo buono di natura perché nello stadio iniziale è egocentrico ed eccessivamente istintuale.
Solo grazie all’educazione è possibile quindi far evolvere bambini e ragazzi verso lo stadio sociale e soprattutto morale.
In questo passaggio però Pestalozzi rivaluta l’educazione del cuore, che considera persino più necessaria dell’educazione della mente.
In quel periodo molti bambini e ragazzini rimasero orfani a causa della guerra e molti correvano il rischio di intraprendere strade pericolose e delinquenziali.
Pestalozzi decise così di aprire e gestire diversi istituti e scuole in cui ricreò un ambiente famigliare ed affettivo, capace di educare e istruire tutti questi ragazzi.
Dal punto di vista didattico utilizzò con successo il mutuo insegnamento in cui gli studenti più dotati insegnavano agli altri. Come usava spesso dire “I fanciulli imparano volentieri dagli altri fanciulli”.
La sua convinzione era che l’insegnamento dovesse avvenire con meno parole e più esperienza, perché solo tramite un approccio attivo bambini e ragazzi possono padroneggiare davvero la conoscenza.
Oltre alle lezioni scolastiche c’era anche una vera e propria educazione al lavoro, i ragazzi imparavano a lavorare nei campi mentre le ragazze a cucinare e a svolgere le attività domestiche.
Il modello pedagogico di scuola attiva, cooperativa ed integrale di Pestalozzi divenne a quell’epoca molto famoso e attirò anche l’interesse di un giovane Froebel.
Roger Cousinet (1882 -1973)
“Perchè i fanciulli vivano felici col maestro occorre che lui sia felice di vivere
con i fanciulli”
Maestro francese e docente di psicologia e pedagogia all’ Università di Parigi ha sviluppato un modalità’ di insegnamento basato sul lavoro in piccoli gruppi.
Dal 1920 al 1942 ha applicato e sperimentato il suo metodo cooperativo in diverse scuole francesi.
Come gli altri esponenti della scuola attiva critica fortemente la didattica tradizionale e frontale ritenuta eccessivamente rigida, verbosa e poco stimolante.
Al contrario credeva fermamente nelle potenzialità della cooperazione dal punto didattico e educativo.
Il dispositivo del piccolo gruppo di apprendimento permette infatti di rispondere a due bisogni educativi diversificati ed importanti: il bisogno sociale, che si esprime nella relazione con gli altri e il bisogno di autonomia, che porta bambini e ragazzi a essere via via più indipendenti e sicuri.
La sua convinzione era che gli studenti (dopo i 9 anni) fossero in grado di organizzarsi autonomamente per le attività che li sapevano interessare.
Nel suo apprendimento cooperativo gli studenti costituiscono spontaneamente piccoli gruppi di lavoro.
Questi gruppi non sono fissi ma si ricompongono continuamente migliorando così anche la conoscenza e le relazioni sociali tra gli studenti.
Il ruolo dell’insegnante cambia e si rinnova: non è più l’unico protagonista ma colui che costruisce un ambiente di apprendimento in cui gli studenti imparano e studiano insieme.
Prima della lezione predispone diversi materiali che stimoleranno la ricerca e l’approfondimento nei piccoli gruppi. Gli studenti scelgono tra le diverse proposte quella che più li incuriosisce ed interessa. Ci lavorano poi insieme organizzandosi in modo autonomo. L’insegnante monitora il loro operato e gli offre supporto dove necessario. I procedimenti svolti vengono annotati sul quaderno di gruppo e una volta terminato ogni gruppetto scriverà alla lavagna i risultati del proprio lavoro, che vengono revisionati insieme e condivisi con la classe.
Cousinet distingue due topologie di attività cooperative in due tipologie: i lavori di conoscenza che riguardano lo studio in piccolo gruppo di tutte le discipline scolastiche e i lavori di creazione artigianale e artistica.
Nelle attività creative gli studenti possono esprimersi sia individualmente che socialmente.
Anton Semenovyč Makarenko (1888 – 1939)
“Educare è sempre più facile che rieducare”
Makarenko è riconosciuto come il più importante educatore sovietico.
Si è dedicato in particolare alla rieducazione di ragazzi difficili, che avevano intrapreso carriere devianti e delinquenziali.
Dopo le prime esperienze come maestro ha diretto e lavorato in diversi centri rieducativi sovietici.
Gestisce per diverso tempo la Comune Derginskij in cui la giornata dei ragazzi era distribuita tra studio, lavoro in fabbrica, oltre ad attività sportive e cooperative.
La comune era gestita secondo un approccio di autogestione che prevedeva anche un consiglio dei comandanti, composta dagli allievi migliori.
Makarendo utilizza un approccio educativo di tipo collettivistico: i ragazzi dovevano affrontare delle mete precise, delle vere e proprie sfide, che potevano superare solo tramite una collaborazione solidale e condivisa.
L’obiettivo del suo approccio collettivistico era sradicare i comportamenti individuali devianti, così che le attività di gruppo fungessero da palestra morale e sociale per tutti i ragazzi.
Queste esperienze contribuivano a creare giorno dopo giorno anche un comune senso di appartenenza e solidarietà.
La sua metodologia di lavoro va contestualizzata all’interno del sistema socialista sovietico, tuttavia è stato un esempio concreto dell’efficacia della cooperazione anche nella rieducazione di ragazzi devianti e difficili.
Adolphe Ferrière (1879 – 1960)
“L’apprendimento si costruisce attorno agli interessi degli studenti”
E’ stato un pedagogista francese che ha contribuito in modo significativo alla diffusione in tutto il mondo dell’attivismo pedagogico.
Nel 1899 fonda a Ginevra l’Ufficio Internazionale delle Scuole Nuove e insieme ad altri studiosi nel 1921 crea a Calais la Lega Internazionale delle Scuole Nuove poi divenuta l’Ufficio Internazionale dell’Educazione, che è ancora oggi l’istituto pedagogico più importante d’Europa.
Il suo pensiero pedagogico trae spunto da diversi grandi pedagogisti quali Rousseua, Dewey e Bergson e ritiene che l’apprendimento debba avvenire tramite esperienze che muovano dagli interessi di bambini e ragazzi.
Nella pedagogia di Ferrière questi interessi sono classificati e diversificati in base all’età:
- Fascia 0 – 3 anni = interessi sensoriali
- Fascia 4 – 6 anni = interessi sparsi legati al gioco
- Fascia 7 – 9 anni = interessi immediati che si esprimono tramite la curiosità
- Fascia 10 – 12 anni = interessi speciali concreti approfonditi con lo studio
- Fascia 13 – 15 anni = interessi astratti semplici da cui parte l’insegnamento tradizionale
- Fascia 16 – 18 anni = interessi astratti complessi legati allo studio delle discipline teoriche più avanzate.
In virtù di questi interessi gli studenti svolgono diverse attività di lavoro intellettuale e manuale.
La giornata comprende attività di studio, attività di socializzazione oltre ad esperienze di falegnameria, allevamento, giardinaggio, ceramica e tessitura.
Da un punto di vista didattico l’apprendimento avviene tramite l’analisi di fonti che vengono rielaborate individualmente e cooperativamente. Ogni giorno la classe compila il proprio quaderno della vita in cui si annoteranno le riflessioni e gli apprendimenti legati alla lezione-discussione collettiva.
Le attività cooperative sono altrettanto importanti perché consentono di educare socialmente bambini e ragazzi, promuovendo una crescita morale ma anche civica.
Tra le diverse tecniche utilizzate utilizza anche esperienze di autogoverno che promuovono la responsabilità individuale e sociale degli studenti.
William Heard Kilpatrick (1871 – 1965)
“Non dimenticate che la scuola è il prolungamento della famiglia”
Kilpatrick fu il più brillante allievo di John Dewey e ideò una metodologia di apprendimento per progetti.
L’incontro tra i due avvenne alla Columbia University dove il giovane Kilpatrick frequentava tutti i corsi del padre dell’educazione progressiva.
Terminata la formazione universitaria presso il Teachers College inizia a collaborare attivamente con Dewey.
Nel 1918 idea il suo metodo dei progetti, che ha finalità non solo didattiche ma anche sociali.
Secondo Kilpatrick l’avvento dell’industrialismo ha indebolito fortemente il ruolo educativo della famiglia, di conseguenza la scuola ha l’obbligo pedagogico di sopperire a questa carenza proponendo anche un’educazione affettiva e sociale.
Nel suo metodo di insegnamento gli studenti devono essere i protagonisti attivi e dovranno apprendere in piccoli gruppi.
La classe lavora via via a diversi piani di ricerca che vengono sviluppati in progetti minori correlati.
Nel metodo per progetti le singole discipline sono collegate ad un argomento comune attorno al quale si svolge un’attività unitaria (oggi si parlerebbe di Unità di Apprendimento interdisciplinari).
L’argomento dell’attività unitaria viene poi sviluppato tramite quattro tipologie di progetti: progetti di produzione, progetti di consumo, progetti del problema e progetti di addestramento.
L’intera classe lavora in piccolo gruppi di apprendimento omogenei per capacità.
In questo modo anche se tutta la classe collabora allo stesso progetto, è possibile individualizzare l’apprendimento differenziandolo in base alle diverse risorse degli studenti.
Kilpatrick ha svolto tutta la sua carriera presso il Teachers College della Columbia e venne anche soprannominato Million Dollar Professor, perché le sue lezioni attive attiravano all’università numerose iscrizioni.
Oltre alla Columbia ha collaborato con università di tutto il mondo divulgando il proprio pensiero pedagogico.