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Maestri italiani della cooperazione

 

Mario Lodi (1922 – 2014)

“La scuola deve essere il luogo dove si entra competitivi e dopo aver
lavorato insieme si esce rispettosi degli altri e tolleranti”

Lodi è stato un maestro, scrittore e pedagogista Italiano che ha dedicato il suo lavoro ai bambini per una scuola creativa e democratica.

Nato a Piadena (Cremona), viene incarcerato durante la Guerra per motivi politici e una volta liberato si dedica ad attività culturali che testimoniano il suo impegno civile.

Divenuto insegnante in una scuola elementare si rende ben presto conto dei limiti di un approccio pedagogico meramente trasmissivo, aspetto che stona con il potenziale creativo insito in ogni bambino.

Nel 1950 inizia a collaborare con il Movimento di Cooperazione Educativa, un gruppo di insegnanti molto attivi nel divulgare e diffondere nella scuola italiana l’approccio cooperativo del pedagogista francese Célestine Freinet.

Trasferitosi nella scuola elementare di Vho di Piadena, suo paese natale, insegna per altri 22 anni costruendo giorno dopo giorno una scuola sempre più cooperativa, in cui i bambini imparano insieme svolgendo attività pratiche ed esperienziali che liberino la loro creatività.

Lodi ha documentato il proprio lavoro tramite diversi racconti realizzati anche insieme ai suoi bambini, come l’ormai famoso Cipì, oltre a diversi scritti pedagogici.

Non si limita però al solo lavoro in classe e negli anni realizza numerose esperienze culturali, civiche e pedagogiche.

Per citarne alcune:

– dirige il gruppo della Biblioteca di Lavoro, che pubblica diversi quaderni finalizzati a rendere la scuola più attiva e cooperativa

-dirige la Scuola della Creatività, dove adulti e bambino avevano l’occasione di sperimentare diverse tecniche creative

-fonda la Casa delle Arti e del Gioco, che prevede un laboratorio di sperimentazione di tutti i linguaggi umani, un centro studi sulla cultura del bambino, oltre a pubblicare 67 libretti contenenti racconti che educhino alla cooperazione, la felicità, il rispetto, l’ecologia e l’intercultura.

In virtù della qualità del proprio lavoro didattico ed educativo ottiene riconoscimenti nazionali e internazionali.

Può essere considerato a buon titolo uno dei più importanti pedagogisti italiani, nonché profondo conoscitore ed esponente del valore pedagogico della cooperazione in classe.

 

Don Lorenzo Milani (1923 – 1967)

“Se si perde gli ultimi la scuola non è più scuola. E’ un ospedale che cura i
sani e respinge i malati”

Nato a Firenze nel 1923 è stato un’insegnante, educatore e sacerdote divenuto famoso per il suo progetto educativo: la Scuola di Barbiana.

A seguito di dissapori con la Curia di Firenze venne mandato nel Mugello, nel piccolo borgo di Barbiana di Vicchio.

Qui fonda una scuola popolare basata sulla cooperazione e l’insegnamento reciproco.

Come diceva lui stesso, nella sua scuola non c’è era un insegnante, ma ben 23 maestri, perché esclusi i pochi studenti più piccoli tutti gli altri diventavano insegnanti dei compagni.

L’esperienza di Barbiana è stata quindi un esempio potente e magico di apprendimento cooperativo, sia nello spirito di lavoro, con il cartello I CARE appeso nell’aula, ma anche nei metodi didattici.

I bambini e i ragazzi di Don Milani imparavano insieme ed in modo attivo tramite attività collaborative: discutevano gli argomenti dei quotidiani, si confrontavano sulle questioni etiche e morali, leggevano insieme i classici della filosofia e scrivevano insieme dei testi collettivi.

A Barbiana non c’era l’intervallo e si faceva scuola fino a sera, sette giorni su sette. La scuola appunto “si faceva”, concretamente e tramite esperienze attive e cooperative.

Grazie a questo approccio di didattica collaborativa La scuola di Barbiana ha permesso di portare l’istruzione anche ai ragazzi semianalfabeti, dimenticati dalla scuola tradizionale.

Con i suoi studenti scrisse anche l’ormai celebre “Lettera ad una professoressa”, in cui criticava la scuola italiana, rea di essere un ospedale che cura i sani e respinge i malati, ovvero gli studenti provenienti da contesti fragili e socialmente difficili.

Don Milani morì prematuramente all’età di 44 anni a causa di un cancro, ma fino alla fine volle stare accanto ai suoi ragazzi, così che come diceva, “Potessero imparare cos’è la morte”.

Ancora oggi Barbiana rimane un esempio di scuola attiva, cooperativa ed inclusiva, che non solo ha precorso molti studi scientifico-pedagogici, ma che può insegnare ancora molto ad insegnanti ed educatori di oggi e di domani.

 

Gianni Rodari (1920 – 1980)

“La mente è una sola, la sua creatività va coltivata in tutte le direzioni”

Piemontese di nascita è stato un insegnante, giornalista e scrittore italiano divenuto famoso per la sua pedagogia della fantasia e della creatività.

I suoi racconti per bambini e ragazzi sono diventati ormai dei classici. Tradotto in numerose lingue è stato anche insignito del prestigioso Premio Andersen, il massimo riconoscimento internazionale nel campo della letteratura infantile.

Per diversi anni ha collaborato anche con il gruppo di insegnanti del Movimento di Cooperazione Educativa, tenendo conferenze e incontri nelle scuole italiane.

Il grande merito di Rodari, come riportato nel suo celebre testo “La Grammatica della fantasia”, è stato riportare la creatività al centro dei processi didattici ed educativi.

In linea con l’Apprendimento Cooperativo ha sognato e lavorato per una scuola attiva in cui gli studenti siano meno consumatori e più creativi e creatori.

Grazie ad un uso pedagogico intelligente e operativo la fantasia può infatti diventare un’incredibile motore del e per l’apprendimento, capace di formare non solo futuri lavoratori ma uomini e donne completi.

L’insegnamento di Rodari è ancora oggi quanto mai attuale e valido e ci ricorda che la creatività e la fantasia non siano riconosciute solo come diritti dell’infanzia, ma anche come potenti e doverosi strumenti pedagogici.

 

Loris Malaguzzi (1920 – 1994)

“I bambini costruiscono la propria intelligenza”

Malaguzzi è stato un pedagogista italiano che ha ideato il Reggio Emilia Approach, un metodo pedagogico di valorizzazione delle intelligenze per la scuola dell’infanzia.

Il suo percorso d’innovazione pedagogica inizia nel 1945, collaborando con un gruppo di genitori che volevano costruire e gestire una scuola per bambini nella periferia di Reggio Emilia.

Da questa scuola ne scaturirono poi altre, sempre autogestite, mentre Malaguzzi, specializzatosi come psicologo scolastico, inizia a lavorare anche per il comune come consulente per l’infanzia.

A partire dagli anni 60 apre e inizia a gestire diverse scuole comunali dell’infanzia, a cui si aggiungono nel 1971 anche gli asili nido.

Malaguzzi dirige così per molti anni una rete educativa di servizi in cui applica quello che verrà definito come l’Approccio di Reggio Emilia.

Secondo il Reggio Emilia Approach i bambini non apprendono per ricezione, ma tramite dirette e concrete esperienze di apprendimento attivo.

Celebre la sua frase per cui sono i bambini stessi a costruire la propria intelligenza. Compito dell’adulto non è quindi istruire ma predisporre un ambiente di apprendimento funzionale.

Nelle scuole che utilizzano l’Approccio di Reggio Emilia i bambini vengono coinvolti fin nella scelta delle attività da fare durante il giorno.

La scuola deve essere quindi un grande laboratorio dove non può mancare un atelier creativo, un luogo gestito da un educatore specializzato in cui i bambini posso sperimentare ed esplorare tramite attività espressive diversificate quelle che Malaguzzi chiama le 100 intelligenze.

Anche la cooperazione ha un ruolo importante, infatti i bambini sono incoraggiati a lavorare e collaborare insieme nello svolgimento delle varie attività.

La bontà del metodo Malaguzzi è stata certificata anche dalla rivista americana Newsweek, che nel 1991 nomina l’Asilo di Diana di Reggio Emilia come la più avanzata istituzione per la prima infanzia al mondo.

Da quel momento insegnanti educatori e genitori provenienti da diverse nazioni si interessano all’Approccio di Reggio Emilia, portando così il metodo di Malaguzzi fuori dai confini nazionali.